È morto Fidel Castro: se ne va l’ultimo comunista, con una lagna senza schianto

È morto Fidel Castro: se ne va l’ultimo comunista, con una lagna senza schianto

Roma, 26 nov – Una lagna senza alcuno schianto: così finisce il comunismo, esattamente al contrario di quanto Pound aveva detto della fine dei fascismi. Una lenta consunzione, un’agonia castale senza alcun entusiasmo. Nessuna bella idea per cui si muore e nessuna attacco finale sferrato dal nemico di sempre, che ha preferito essergli ora alleato, ora competitor, riservando però le sue crociate per altri popoli, altri capi, altre rivoluzioni. È con questa amara certezza nel cuore che Fidel Alejandro Castro Ruz lascia la sua Cuba e insieme un mondo e un’epoca in cui il suo socialismo caraibico non aveva più da tempo alcuna funzione se non quella di strappare qualche lacrima a Gianni Minà. Dopo tanti annunci fasulli, stavolta la conferma è arrivata direttamente dal fratello Raul, che alla tv nazionale ha annunciato il decesso dell’anziano leader 90enne.Fidel aveva lasciato il potere nel 2006 a causa delle sue condizioni di salute. A succedergli, in piena tradizione dinastica, proprio Raul. L’arcigno, machiavellico Raul: del tutto privo del romanticismo e del carisma del fratello, aveva incarnato da sempre l’anima filo-sovietica della rivoluzione, quando ancora i barbudos erano in bilico tra ideologia socialista, ispirazione “umanista” e tentazioni nazionaliste. Lo stesso Fidel non aveva un imprinting strettamente marxista. Forte, su di lui e sulle prime fasi della rivoluzione, l’influenza delle idee dell’eroe nazionale José Martí (1853-1895), caduto in combattimento per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna. Castro aveva frequentato un istituto gesuita dove ebbe come precettore padre Alberto de Castro, sostenitore di Francisco Franco, che attribuiva la fine dell’indipendenza dell’America Latina al materialismo anglosassone. La stessa esperienza peronista ebbe non poca influenza su tutti i fermenti rivoluzionari del Sudamerica, Cuba compresa.

Subito dopo la rivoluzione, Fidel si affretterà a rassicurare gli Stati Uniti sulla natura pacifica e democratica della nuova Cuba. Poi, però, l’isola verrà letteralmente “comprata” dall’Urss che, ingolosita dalla possibilità di avere un avamposto a due passi dalla Florida, inonderà L’Avana di ogni genere di bene in cambio dello zucchero cubano. L’accordo con Mosca porterà Cuba sui binari del più rigido marxismo leninismo. L’isola godrà anche di un relativo benessere e di uno sviluppo superiore a molti stati sudamericani strozzati da giunte filo-americane. Cosa che creerà al di qua dell’Atlantico un vero e proprio mito di Cuba, alimentato soprattutto dalla figura leggendaria del Che, morto in Bolivia, dove si era gettato in un’avventura guerrigliera senza capo né coda in aperta polemica con L’Avana, ma dopo la morte divinizzato in patria e trasformato nel più brillante colpo di marketing che la storia della pubblicità ricordi.
Paradossalmente, con i primi segnali del crollo dell’Urss sarà proprio lo stalinista Raul a tifare per la perestrojka, mentre Fidel sarà decisamente più scettico sulle nuove evoluzioni. Chiusi i rubinetti di una Russia non più sovietica, Cuba per sopravvivere si trasformerà in un paradiso turistico un po’ artificioso, con la rivoluzione riprodotta a mo di spettacolo per i visitatori, come i finti guerrieri Masai di certe zone dell’Africa, che ripetono rituali guerrieri per compiacere gli occidentali e a fine turno indossano le Nike sfondate e tornano nelle bidonville. Con l’aggravarsi dei problemi di salute, Fidel lascerà il potere nelle mani del solito Raul, ritagliandosi un ruolo da “editorialista” e brutta copia di se stesso. Il socialismo cubano è stato un’esperienza rivoluzionaria interessante, spesso dignitosa e fiera, a tratti coraggiosa, ma sempre drogata, nella visione occidentale, da un esotismo di paccottiglia. Oggi ne resta soltanto il potere per il potere, detenuto da una cricca che da decenni ha abbandonato ogni tensione ideale. La definitiva normalizzazione è dietro l’angolo, senza che mai nessuno abbia sparato una sola cartuccia per difendere questa meravigliosa idea di emancipazione. Eppure, nonostante questo, Fidel Castro resta l’ultimo esponente di un’epoca comunque migliore di questi anni di plastica, un uomo che ha saputo essere tale prima di lasciar spazio all’era dei pupazzi.

Adriano Scianca

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Estratto da www.noitoscani.it/post.asp?id=53432
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