Natale: riscopriamo la tradizione, annientiamo il consumismo

Anche quest’anno, ci apprestiamo a celebrare le feste natalizie. Nell’aria si respira un profumo di allegria e gioia. Le strade si sono riempite di luci e decorazioni, le vetrine dei negozi abbondano di addobbi, la spasmodica ricerca di regali sembra non risparmiare niente e nessuno. Tutto bello e perfetto, come in una favola.

Ma la realtà, come spesso accade, può essere diversa da quella presentata artificiosamente ai nostri occhi e alle nostre coscienze. Ebbene, ciò che per secoli è stata la festa tradizionale per eccellenza, la celebrazione della nascita di nostro Signore Gesù Cristo, è divenuta, nel volgere di pochi decenni, una smania consumistica priva di valori e colma di vizi, dove le poche virtù residue brillano per contrasto, come frammenti d’oro confusi tra pietre e fango. Nel corso degli ultimi anni, il Natale ha subito molteplici mutazioni, sino a divenire, sempre di più, una ricorrenza laica svuotata della sua essenza religiosa e tradizionale.

Qualcuno direbbe che “abbiamo perduto lo spirito del Natale”. Ma qual è il vero spirito del Natale nel contesto odierno? Esiste ancora uno spirito natalizio?

Oggigiorno, il prevalere di una dimensione secolarizzata, esplicitamente consumista ed estranea all’intento religioso, ha prodotto l’abbattimento di quei valori ancestrali che hanno forgiato secoli di civiltà occidentale e favorito l’avvento di un’imperante banalità, basata su una visione pedissequa ed individualistica della “spiritualità”.

È stato un processo lento ma inesorabile. Ed ecco che, all’inizio del XX secolo, è giunto prepotentemente, dai paesi anglosassoni, l’albero, assieme a Babbo Natale, il quale, pur derivando dalla figura religiosa di San Nicola, è diventato unicamente un laico elargitore di doni e ha diffuso, in tutte le culture occidentali, la pratica dello scambio dei regali. Nella bonaria figura di Babbo Natale si cela la malinconica mercificazione del Natale. Sono state copiate, probabilmente in malo modo, alcune “icone” di quella parte di America che ha dato vita, per proprio lucro, al consumismo di massa. È indubbio, infatti, che il Natale sia divenuta una ricorrenza internazionale attorno alla quale girano giganteschi interessi economici.

Quello che ci accingiamo a vivere è, ahinoi, una grottesca “schizofrenia” dei consumi. L’acquisto indiscriminato di beni di consumo interessa anche il cibo: è divenuta pratica di routine quella di trascorrere le festività a riempirsi la pancia: mangiamo tanto da star male, sperperiamo denaro in eccessi di cibo e ne spenderemo forse altrettanto per consultare dietisti al fine di perdere quei famigerati chili accumulati nei giorni delle festività.

È vero, viviamo in una società frenetica in cui si sono persi i valori di un tempo, in cui anche il Natale si è trasformato in una festa meramente consumistica. Viviamo in una società in cui ogni festa, più che un momento di riflessione o di ritrovo con le persone care, si tramuta in un’occasione per sperperare denaro e risorse.

Il Natale, in definitiva, è diventata la festività simbolo di quel popolo che ha perso ogni contatto con concetti fondamentali quali valore e fede. Una festività che, divenendo un inno al consumo, si fa beffa di principi e dettami religiosi.

Ciò che, invece, appare chiaro è la necessità di un cambiamento radicale e di un ritorno alle radici storiche e religiose di questa festività. Sarebbe opportuno, oggi più che mai, riaffermare la tradizione del presepe, istituito da S. Francesco d’Assisi, il quale riteneva che la rappresentazione della nascita di Cristo contribuisse a manifestare la presenza di Dio in ogni casa e comunità. Ed è proprio quello che si è perso in questo mondo di rilevanze inconsistenti.

Nel tempo della globalizzazione, in cui tutte le differenze sembrano convergere in un unico punto, appare ancor più importante preservare la nostra tradizione e la nostra cultura religiosa e popolare. Dietro questa incontrollata, grottesca, consumistica globalizzazione c’è un sistema pronto a sfornare prodotti, a spingerci verso falsi bisogni, finalizzati a nutrire quel nostro senso di avidità e desiderio. Nella cultura del consumo, gli individui non vengono considerati come tali, ma come elementi funzionali al sistema. Ed è così che abbiamo deliberatamente deciso di “modernizzare” una festa familiare e religiosa così importante come la ricorrenza della nascita di Cristo, per far spazio ad un Natale di plastica, senza valori né riferimenti.

In conclusione, per i prossimi Natali, auspichiamo che vi siano meno addobbi e più solidarietà; meno “regali”, i quali alimentano le più spietate logiche di produzione e profitto, e più doni autentici. Insomma, ciò che ci auguriamo è che la cultura dell’avere venga rimpiazzata dalla cultura dell’essere. Sarebbe questo il vero e autentico ritorno ai Valori e alla Tradizione.

Quasi dimenticavo… Buon Natale e felice anno nuovo a tutti!


ORDINEFUTURO.NET

Estratto da www.noitoscani.it/post.asp?id=53973
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