Che palle! Perdonate il linguaggio, come dire?, alquanto espressivo in antico cinese mandarino, ma davvero non se ne può più. Di cosa? Della ricorrente, insistente, battente esaltazione, acritica e indiscriminata, della cosiddetta meritocrazia. Un’infatuazione che unisce tutti: conduttori televisivi, uomini e donne della politica corrente, sedicenti intellettuali, orrendi protagonisti della televisione-spazzatura, tuttologi profumatamente retribuiti, renzisti e berluscastri, a cui si sono uniti di recente anche legaioli laboriosi e fanigottoni grillini. E, purtroppo bisogna ammetterlo, tanti, tanti insegnanti… Tutti, indistintamente, arrapati dell’ultima trovata dell’ideologia liberista, il merito: per cui, quando su qualsivoglia problema non hai più argomenti sensati, allora è il caso di sbattere giù un po’ di meritocrazia e sei sicuro di aver fatto la tua bella figura. E, invece, è una cazzata; o, per dirla colta, una tautologia, ovvero un’affermazione che non contiene in sé nessun carattere informativo. Solo una parola di uso e abuso comune e recente, recuperata per giustificare i privilegi di alcuni, sempre i soliti, alle spalle di altri, anche quelli sempre i soliti, ribadendo ad libitum una sorta di differenziazione razziale tra esseri inferiori e superiori. Avete mai notato la spiccata tendenza, più che altro una vocazione, dei presunti, autonominatisi meritevoli alla ereditarietà delle cariche? Provate a dare un’occhiata alle nomenklature: quella universitaria in primis, poi la giornalistica, la televisiva, la politica, quella dei Consigli d’amministrazione delle grandi aziende pubbliche, semipubbliche e private… Troverete mogli e figli, fratelli e sorelle, cognati e nipoti dei Potenti in una commovente riscoperta della famiglia allargata e patriarcale. E poi gli amici e gli amici degli amici e i congiunti dei primi e dei secondi. Tutti meritevoli? Certo che no, però sono loro ad aver stabilito i criteri, le classifiche e l’ordine di arrivo. Capacissimi di strologare, spesso e volentieri, di merito e meritocrazia: un territorio popolato per lo più di arroganti e competitivi, boriosi e aggressivi. Un luogo dove sono messi al bando i gentili e i tolleranti, gli affabili e i sensibili… Un paese orrendo che programmaticamente sceglie il valore zero per quanti restano indietro, per quelli che non riescono, per i meno fortunati. No, davvero, meritocrazia non fa rima con democrazia e lo aveva già compreso il grandissimo Giuseppe Gioachino Belli cento e ottanta anni fa: Er merito Merito dite? Eh ppoveri merlotti! Li quadrini, ecco er merito, fratelli. Li ricchi soli sò bboni, sò bbelli, sò ggrazziosi, sò ggioveni e ssò ddotti. A l’incontro noantri poverelli tutti schifenze, tutti galeotti, tutti ddegni de sputi e de cazzotti, tutti cucuzze in càmmio de scervelli. Fa ccomparì un pezzente immezzo ar monno: fussi magàra una perla orientale, Presto cacciate via sto vagabonno. Tristo chi sse presenta a li cristiani scarzo e ccencioso. Inzino pe le scale lo vanno a mozzicà ppuro li cani. Giuseppe Gioachino Belli ----------------------------- Luciano Luciani
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