L’Italia è in una situazione di allarme

Rubrica a cura di Claudio Riccardi

In primo luogo la disoccupazione è a livelli record e sta provocando una situazione di criticità ed insicurezza sociale: povertà in aumento a causa della progressiva crisi industriale, imprese che chiudono con la crisi dei consumi ma soprattutto per la scorretta concorrenza internazionale dei paesi emergenti e della asfissiante burocrazia che crea problemi allo sviluppo e all’innovazione nonché la pressione fiscale insopportabile.
Negli ultimi anni circostanze internazionali hanno contribuito in maniera negativa sulla situazione economica italiana. L’Unione Europea non ha mai garantito a tutti i Paesi uguali condizioni, regole comuni, sistemi giuridici unificati e certezza delle sentenze in breve tempo ed in particolare sono state considerate, in modo sbagliato, di poco interesse le Regioni costiere indebolendo sempre più la loro precaria economia. La posizione geografica e la sua storia avrebbe dovuto imporre all’Italia di assumere una posizione leader della politica internazionale impostando una linea Pan-Mediterranea per contrapporre allo strapotere economico e finanziario della ricca Germania e dintorni: un’area geografica detta “banana blù”; avrebbe anche potuto regolare i flussi migratori in questi anni fuori controllo.
Cosa fare oggi? Abbiamo bisogno di aziende che usino la globalizzazione invece di subirla che producano prodotti di qualità, di alto contenuto innovativo e tecnologico in modo di alzare la barriera competitiva con risorse umane al top del livello di formazione. C’è bisogno di una seria politica industriale che deve selezionare e valorizzare i settori strategici del nostro Paese; una azione politica innovativa che dovrebbe costituire un organismo dove i tutti i rappresentanti del mondo del lavoro della industria e delle parti governative interessate per definire le linee strategiche e progetti sinergici per una economia sostenibile e circolare: ad esempio turismo culturale, enogastronomico e agroindustria.
Per incentivare la nascita e la crescita di un diverso assetto industriale bisogna associare una serie di strumenti operativi: riduzione delle tasse per essere competitivi a livelli internazionali, stimolare strutture finanziare per agevolare lo start-up e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, riportando la finanza al servizio delle aziende, ridurre notevolmente i tempi delle pratiche inutili e ripetitive che impone la burocrazia: i costi dello Stato dovrebbero essere ridotti e razionalizzati per migliori servizi pubblici: fare nuove infrastrutture e migliorare le attuali incentivando anche i traffici marittimi e portuali. Gli Enti Statali e tutta la Pubblica Amministrazione si dovrebbero dotare di personale di qualità con senso dello stato e spirito di servizio assumendosi le dovute responsabilità, un chiaro quadro normativo con un Testo Unico delle norme, la certezza di tempi brevi della giustizia che purtroppo scoraggia gli investitori stranieri; diminuire la spesa pubblica e rimodernare lo stato perché la macchina statale è vecchia: ridurre i tempi dei pagamenti dovuti dalla pubblica amministrazione.
Si potrebbe continuare, ma sarebbe già sufficiente ciò che abbiamo detto; in conclusione è fondamentale dire che ogni organizzazione si basa sull’uomo, ogni progetto deve avere al centro la persona con i bisogni primari, ma anche le sue aspettative, i suoi sogni, e le giuste ambizioni. Insomma bisogna “dare una anima all’economia” come ha detto Papa Francesco, con una cultura meritocratica che premi la qualità, la capacità e il talento e a volte anche la fantasia e la passione della persona.

Claudio Riccardi

Estratto da www.noitoscani.it/post.asp?id=59319
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