A LUCCA CHE SERVONO I DEFIBRILLATORI SE NESSUNO SA USARLI

A LUCCA CHE SERVONO I DEFIBRILLATORI SE NESSUNO SA USARLI ?
AVETE VOGLIA DI RIEMPIRE LA CITTA' MA SE TI SENTI MALE E MAGARI NE HAI UNO A DUE METRI NESSUNO LO PRENDE PER PAURA, PERCHE' NON E''STATO FORMATO !!

VANNO INSEGNATE A SCUOLA QUESTE COSE TUTTI GLI ANNI DALLE ELEMENTARI IN POI ALTRIMENTI QUESTI APPARECCHI SARANNO SEMPRE UNA PRESA IN GIRO...

ECCO:

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LE URLA strazianti della moglie sono state avvertite ben oltre le mura dell’ex Casa del Boia, dove una coppia di turisti americani venerdì scorso si era concessa una tappa del tour lucchese. Per Daniel Scott Johnson, 66 anni, colpito da attacco cardiaco, non c’è stato niente da fare. Il personale del museo si è prodigato, l’ambulanza è subito arrivata sul posto, mentre i passanti sulle Mura attoniti non potevano immaginarsi cosa si stesse consumando in quegli attimi dentro l’ex Casa del Boia, nel museo dedicato ai viandanti della via Francigena. UNA MORTE assurda, senza scampo. E’ proprio così oppure una chance ci poteva essere? Un dubbio agghiacciante che martella nella testa di Stefano Ungaretti, fondatore della Mirko Ungaretti Onlus intitolata a suo fratello che forse, quel 22 giugno 2009, poteva essere salvato da un defibrillatore, e da qualcuno che lo sapesse usare. «Non posso giudicare, non c’ero venerdì scorso quando il turista americano, mentre era in visita con la moglie al museo della Casa del Boia, ha perso la vita – dice –. So solo che il defibrillatore che era lì, appena fuori al museo, davanti al ristoro, e non è stato usato. Poteva essere salvato? Non so. Ma quella chance di vita, per la quale la nostra associazione di volontariato si batte ogni giorno, non è stata sfruttata. E questo, ancora una volta, per me rappresenta un terribile rammarico». Non si può dire che la Mirco Ungaretti Onlus, oltre a occuparsi della diffusione dei defibrillatori, e della loro manutenzione, non si sia fatta in quattro in questi anni anche per provvedere alla formazione. HA PREPARATO i ragazzi delle scuole, con idonea attestazione a fine corso, ha formato addirittura i professori nelle scuole, in modo che a loro volta potessero diffondere le tecniche salvavita nelle classi. Ma l’amarezza, dopo questo nuovo caso in cui l’apparecchio non è stato neanche toccato, è immensa. «IL DAE in caso di arresto cardiaco offre la concreta possibilità di rianimare una persona – sottolinea Stefano Ungaretti – . La stessa persona che dopo 5 minuti che non riceve sangue al cervello – ed è ben difficile che un’ambulanza riesca a arrivare prima di 5 minuti – inizia a avere danni neurologici irreparabili e che ogni minuto che passa perde chance di tornare in vita. O peggio ancora se rianimati in ritardo – non perchè siano lenti i soccorsi ma perchè tecnicamente servono quei minuti per raggiungere un luogo – finiscono in un fondo di letto come un vegetale». L’appello – l’ennesimo – scatta senza se e senza ma. «Il Comune deve rendersi protagonista di iniziative di divulgazione delle tecniche salvavita – dice –, perchè altrimenti tutto ciò che facciamo ogni giorno, con spirito di puro volontariato, viene gettato al vento». Laura Sartini


DA LA NAZIONE

Estratto da www.noitoscani.it/post.asp?id=59560
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